Ho conosciuto Tito Maniacco una dozzina d'anni fa a Meduno, durante una stagione pedemontana fitta di straordinari incontri, come straordinario fu quel sabato. Presentava Gentiluomo nello studio: un poemetto ispirato ad un dipinto e poi abitato da un fitto intreccio di memorie, suggestioni, intrecci culturali.
A tavola, dopo quella presentazione, vidi quella passione culturale dispiegata sulla carta farsi persona: dentro quegli occhi straordinariamente miti, l'intensa persuasione che la cultura fosse una forma per dimensionare la propria esistenza, per innervarla.
Quando ho avuto la ventura di presentare, in Comune di Pordenone, la proposta per la concessione a Federico Tavan dei benefici della Bacchelli (cosa che, da sola, conferisce un senso alla mia avventura politica), uno dei nuclei di significato pulsanti per dare forza a quell'idea erano le lucide righe che, alla fine degli Anni Novanta, Maniacco aveva scritto proponendo di "salvare il soldato Tavan": righe dettate dalla profonda conoscenza della cultura friulana e da una idea moderna e non localistica di cultura e, non da ultimo, da tanta, tanta umanità. Un intervento, quello, giustamente ristampato nel volume Federico Tavan. Nostra preziosa eresia ; un intervento al quale ora rivado nell'apprendere la notizia della morte di Tito Maniacco.
Gli sia lieve la terra.
venerdì 22 gennaio 2010
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