domenica 24 ottobre 2010

ciao ciao

E' stato bello, ma bordopagina ha finito la sua storia, o -forse, meglio- io ho finito con bordopagina.
Lo saluto con affetto, e saluto anche voi, che lo avete letto.
Ci si vedrà altrove, in altri modi.

mercoledì 13 ottobre 2010

la più vile gradazione di biondo

"I capelli erano castani, ma mesi di pioggia e di polvere li avevano ridotti alla più vile gradazione di biondo."
E, nonostante: la crisi, la gerontocrazia, le riforme che tagliano, le prospettive scoraggianti, la globalizzazione, ed altre cose che potremmo aggiungere; nonostante questo, c'è in giro qualche diciottenne che, a margine di un'ora di lezione, viene a dirti che lì, in quella intuizione sull'incuria di una capigliatura, si riesce a cogliere la pena umana di una guerra.

domenica 10 ottobre 2010

lavasecco e narrazioni

Sto riascoltando l'audiolibro di Caos calmo, in auto, nei brevi tragitti quotidiani, specie la mattina, quando il cervello vuole risintonizzarsi sulla giornata che inizia, sulle sue epiche o minime lotte, con un po' di grazia (la palata di tristezza irrorata dalla stampa quotidiana, quella, me la concedo con l'ottima rassegna di stampa di SkyTG24).
Anche al mio novenne primogenito l'ascolto della roca voce di Veronesi, e della storia connessa, piace. Stamane, mentre parcheggiavamo all'Ipercoop per andare a ritirare dalla lavanderia un po' di panni della bella stagione che è ormai alle spalle, Andrea mi ha detto:
"Adesso, Pietro Paladini che fa? Ha quarantanove anni, vero?
"Quarantanove?"
"Eh sì, all'inizio dice che ne ha quarantatre, e la storia è del 2004. Giusto?"
"Giusto."
"E allora, che fa adesso?"
(Intanto, infiliamo la tessera della lavasecco nella fessura del dispenser automatico).
"Fa il protagonosta di questo libro."
"Ma non è una storia vera?"
"No. Sì."
"No o sì?"
(Ed ecco, che escono le maglie ed i vestitini leggeri).
"No: non c'è un Pietro Paladini cui sono successe queste cose."
"Ah."
"Però il racconto è bello, vero?"
"Sì."
"E allora c'è questo racconto, e questo racconto è vero."
"Ah. E' vero perchè è meglio di tante altre storie vere?"
"Mi sa di sì. Direi di sì."
"Ah."
"Grazie, Andrea."

martedì 21 settembre 2010

pronomi personali dopo pordenonelegge.it

Io ho visto, sabato, nella pancia di un greve giorno di pioggia, le sale piene, la città animata di una vitalità elettrica, sotto l'acqua, nonostante l'acqua, con l'acqua.

Tu, che leggi e che sei di Pordenone, non ti sei meravigliato, lo sapevi che avresti trovato da qualche parte i titoli sulle code, su qualche lamentela.

Egli, un libraio, mi ha detto che a pordenonelegge.it quest'anno s'è venduto un sacco di libri. Più dell'anno scorso.

Noi, domenica, abbiamo faticato a trovare un posto per pranzare, e poi è successo, e in pieno centro s'è trovata perfino la paella buona.

Voi, due genitori di compagni di classe del mio piccolo, aspettando Pierluigi Cappello avete smesso di parlare di lavoro e di politica e avete condiviso,un po' sorpresi un po' meno difesi,le vostre passioni di lettori.

Essi sono gli autori che non sono riuscito a sentire, i libri che non ho visto, i desideri che abitano dopo la fine della festa.

mercoledì 15 settembre 2010

cosa farò a pordenonelegge.it

Domani pomeriggio, alle 17,30, presso la Camera di Commercio, presenterò il volume di Roberto Collovati Il bullismo sociale (Franco Angeli). L'incontro, fa parte delle proposte dell'Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Pordenone e verte sulla ricerca che Collovati ha fatto in merito alla manifestazione, nel mondo adulto, del "bullismo". L'analisi presentata nel volume è documentata e coglie anche, con precisione, i sintomi di un malessere peculiare della società italiana di oggi, sollecitando i diversi "agenti educativi" ad assumere le proprie responsabilità.

Alle 19 di domani, presso la Saletta del Convento di San Francesco, con Stefano Polzot e Giovanni Santarossa presenterò il volume autunnale dell'"Ippogrifo", dal titolo "Scrivere la città", dedicato a vent'anni di narrazioni su Pordenone.

Sabato, alle ore 17, presso Palazzo Gregoris, presenterò il libro (uscito a luglio) di Simone Marcuzzi, Vorrei star fermo mentre il mondo va (ho recensito questo bel libro per il numero di settembre del Momento).

Domenica, alle ore 17, sempre a Palazzo Gregoris, farò gli onori di casa a Pierluigi Cappello, il cui meraviglioso Mandate a dire all'imperatore sarà presentato da Stas Gawronsky.

martedì 14 settembre 2010

come ogni anno

Come ogni anno, qualcuno dice che è come ogni anno, qualcuno scrive che è come ogni anno.
Ma non è come ogni anno.
E noi non siamo come ogni anno.
E c'è qualcuno di diverso, ogni anno.

sabato 28 agosto 2010

Ida e Pierluigi

Nel torno di una manciata di giornate giornali e media locali (e non solo)hanno dato spazio ad Ida Vallerugo e Pierluigi Cappello. La prima ha finalmente pubblicato l'atteso Mistral, una raccolta poetica che viene a una dozzina d'anni dallo strepitoso Maa Onda, il secondo ha vinto il premio Viareggio-Repaci per la poesia sull'onda lunga dei favori (meritatamente) ricevuti da Mandate a dire all'imperatore (che ho recensito qui).
Ida, la conosco da quindici anni, da quando era sindaco di Meduno Antonio De Stefano, e con suo figlio Carlo pensammo ad un corso di scrittura creativa estivo. Grazie ad Ida, che si fidò dell'idea di organizzare incontri su poesia e cultura in quel di palazzo Colossis, in quegli anni vivaci della pedemontana, conobbi anche Pierluigi, nella casa di Tricesimo dove allora viveva con i suoi genitori, nell'autunno del 1998 (nella stessa giornata conobbi pure Alberto Garlini). Pierluigi venne poi ospite in una delle fredde (climaticamente) e (umanamente) caldissime serate medunesi, a presentare Il me donzel, e ad avviare la collana La barca di Babele.
Ci siamo ritrovati, con Ida e Pierluigi, nel percorso della richiesta di concessione dei benefici della "Bacchelli" a Federico Tavan: in una serata novembrina, loro due con Aldo Colonnello spiegarono, in consiglio comunale a Pordenone, le ragioni di quella richiesta. E con Pierluigi ci siamo trovati, ancora, a lavorare su alcune parti del volume che l'editore Forum di Udine pubblicò, proprio come omaggio a Tavan (il titolo era una frase di Ida).

In un agosto italiano nel quale hanno parlato, soprattutto, i politici, moltiplicando parole alla ricerca di parole giuste che faticano a venire, è bello vedere che venga riconosciuta l'importanza di chi, di parole, va in cerca, e le riduce, per dire quelle, poche, giute, che illuminano e scaldano la vita.

venerdì 13 agosto 2010

un altro blog

A seguito di una passeggiata da giorno di ferie per Pordenone e della voglia di far foto, ho aperto questo nuovo blog.

giovedì 22 luglio 2010

accorgersi da soli

Mio padre ha la tessera Mediaset Premium, fondamentalmente per guardare le partite di calcio. Ma è estate, qualche film decente in attesa che al Tour si decidano a combinare qualcosa, il pomeriggio, andrebbe bene.
Ma, niente da fare, il televisore c'informa che il segnale è criptato.
Prendo in mano la tessera, scade il 30 giugno 2011.
Ok, chiamo il numero verde.
Solita trafila di pubblicità, di sequenze da digitare. Cade la linea.
Rifaccio, arrivo ad un'operatrice che mi scandisce il nome ed il codice che l'identifica.
Le spiego.
"Ah sì, la tessera non è più valida."
Faccio notare la data di scadenza.
L'operatrice non si scompone.
"Sono scadute tutte il 30 giugno, le stiamo cambiando".
"Le state cambiando? E perché non ci avete avvertito?"
"Ve ne siete accorti da soli, no? Prendo nota e in quattro giorni riceverà la nuova tessera."

Ho capito.
Bisogna accorgersi da soli.

venerdì 9 luglio 2010

un piccolo rischio che si potrebbe correre

Mi aggiungo anch'io ad una lunga serie di persone che pensano così.
Aboliamo l'esame di Stato o esame di maturità, dai. Aboliamo il valore legale del titolo di studio.
Le Università ammettano gli studenti sulla base dei loro criteri, di loro esami d'ingresso, di nessun esame se non vogliono promettere nulla d'impegnativo.
Le aziende che vogliono assumere, tanto, assumono comunque facendo pure loro selezioni etc etc.
I concorsi pubblici si faranno con l'accertamento delle competenze, si può fare, non è difficile.
E così, nella scuola superiore, resterà esclusivamente il lavoro sulla qualità di quello che si fa, di quello che si vive insieme, di quello che si fa.
Si sceglieranno le scuole così, s'imparerà a farlo così. Già si fa così alle elementari, alle medie, in fondo.
Il rischio, lo correrei.

giovedì 1 luglio 2010

(mio) compito per le vacanze d'estate

C'è in salotto una mia foto di quando avrò avuto nove mesi.
Mia madre mi sostiene, con la mano dietro la schiena, ed io cerco di stare in equilibrio su due improbabilissime gambine. Sono, come adesso, tutto cranietto senza nemmeno un ombra di capello in testa, corruccio un po' la fronte come mio vezzo ancora, e spalanco i miei occhi, incuriosito e dubitoso, in qualche direzione.
Ecco.
Quest'estate vorrei capire dov'è che guardassi, allora.

martedì 29 giugno 2010

buon onomastico

Mi piacerebbe riuscire prima o poi a raccontarla, la storia di Pietro.
Magari anche non proprio scriverla, ma raccontarla; raccontarla, magari, ad un numero non precisabile di nipoti seduti vicino a me, come faceva, con me, Marco, Lara, Cristina, Chicco, Federica, lui, dei suoi ricordi.
Magari per un aggancio di memoria pescato alla televisione, un pomeriggio rovente di luglio, nel salotto della casa di via del Carso, durante una tappa di pianura del Tour nel racconto imbarazzato da studio del telecronista di TeleMontecarlo: quando, in attesa delle tappe di montagna e di Bernard Hinault, Pietro ricordava le sue scorribande ciclistiche di gioventù, le notti a dormire nei fienili col permesso dei contadini, i soldi che finivano ed i carabinieri delle stazioni dei paesini che li prestavano, intanto che le sue sorelle mandavano un vaglia.
E la guerra d'Abissinia con le pistole pronte per i leoni, cosa che poi ho letto pure in Meneghello.
E i campi di lavoro in Germania.
E la ditta Fiaccadori dopo la guerra, il lavoro da lattoniere ed i trasporti domenicali in corriera.
E le Mercede(s), le uniche auto di cui fidarsi davvero.
E le saldature del rame sul forno della nonna, davanti alla pentola di caffè d'orzo.
E quelle parole sulla nonna, quel giorno di maggio di caldo assurdo.

E' un po' il catalogo di ciò che sono, e ci vuole tanta chiarezza e tanta faccia tosta per farne un racconto.

Intanto, buon onomastico, Piareto.

martedì 15 giugno 2010

l'Università di quest'autunno

Se date un'occhiata all'offerta formativa 2010-2011 delle Università di riferimento del Nordest, insomma quelle di Udine e Bologna e Padova (le altre, come Venezia e Trieste arriveranno a giorni), il messaggio è chiaro: anche per chi sta meglio (come Padova), sono previsti riduzione di corsi, accorpamenti, corsi salvati solo se interfacoltà (tra Udine e Trieste, ad esempio, ce n'è più di un caso). Sulla situazione del corpo accademico e sulle prospettive di una sua evoluzione, di un possibile inserimento delle nuove generazioni di docenti, stendo un pietoso velo.

Insomma: per venire alla declinazione locale e portusnaoniana, è abbastanza ragionevole pensare che Pordenone possa mantenere l'offerta che ha (ammesso e non concesso che lo voglia fare, che ritenga ne valga la pena), o l'offerta che vorrà cercare di avere, solo in capo ad investimenti ancora maggiori di quelli di oggi (perchè, fondamentalmente, è il territorio, alias amministrazioni pubbliche, associazioni di categoria e fondazioni bancarie, a pagare): se basteranno. Se le Università che la faranno a programmare qualcosa che non sia la semplice sopravvivenza.

Tutto questo, mentre, grazie a molto buon lavoro, la struttura di via Prasecco si è ingrandita, si è fatta molto funzionale, ha una buona mensa ed una moderna casa dello studente, e mentre il completamento di Palazzo Badini è alle porte...

C'è abbastanza per farsi qualche domanda sull'evoluzione del significato, della presenza e dell'offerta formativa del Consorzio Universitario a Pordenone.
Come in questo blog si è qualche volta detto, io ritengo che il modello della piccola Università periferica, con i corsi mutuati e, sostanzialmente, noleggiati dai grossi centri, o fortemente precarizzati nel corpo accademico (insomma: il modello che si è affermato in tutt'Italia negli ultimi 15 anni) vada totalmente rivisto; tra gli altri motivi per farlo, più o meno legati a quanto detto all'inizio, va anche considerata proprio la vocazione territoriale (ma non provincialistica) del Consorzio, insomma l'orientamento alla promozione di una reale qualità.
Aggiungo anche che i numeri non faraonici della struttura (gli studenti equivalgono, più o meno, a quelli di uno dei due licei della città) possano -insieme alla messa in campo di oculatezza strategica da parte dei Soci e di chi è preposto alla gestione del Consorzio- essere una risorsa, nell'ottica della governance dell'autonomia del territorio, che, mi pare di capire, sarà sempre più sollecitata dal disimpegno economico degli organi di governo centrale, e che richiederà dunque uno sforzo nuovo di energie e sinergie.
Infine, mi sembra, in questa prospettiva, che il senso del Consorzio andrebbe utilmente visto anche dentro tutta la filiera, formale ed informale, della formazione a Pordenone (insomma: in rapporto alla buona qualità delle scuole, alla presenza imprenditoriale e manifatturiera) -di qui si potrebbe partire (per dire: sostenendo i talenti, favorendo la crescita della formazione, specializzando, valorizzando le relazioni tra alcuni corsi esistenti e il territorio, proponendosi come polo di orientamento, riferimento e tutoraggio in relazione con Università non solo italiane, dando un bordo di crescita al patrimonio culturale rappresentato da Cinemazero e Pordenonelegge...).

A mio avviso, questi temi fanno parte di un serio agenda setting non voglio dire, banalmente, di chi intenda amministrare Pordenone nei prossimi anni (insomma: un tema buono per la futura campagna elettorale), ma, più in generale e seriamente, di chi si voglia proporre come parte dirigente del nostro territorio (insomma: qualcosa come uno dei punti per un "patto" trasversale per il futuro dell comunità).

P.S. Aggiornamento del 20 giugno: qui il Rettore udinese illustra le cifre che disegnano il nebuloso futuro.

venerdì 11 giugno 2010

ultimo giorno di un anno di scuola

I tentativi di convertire le classi in luoghi di festa,
le mezze bottiglie di Coca Cola vuote,
le crostate fatte dalle mamme, fatte dalle figlie, che però non lo vogliono ammettere,
i registri dei professori con gli angoli delle copertine spiegazzati,
il registro di classe con le firme frettolose e gli argomenti genericissimi,
le pagine di settembre dei registri linde e promettenti e calligrafiche,
i maturandi che inseguono il futuro con le pistole ad acqua,
il sapore metallico della commozione di chi va in pensione,
la sospesa apprensione di chi non sa se e come lavorerà quest'anno che viene,
le vacanze in mare montagna collina estero,
i quattro conti tra mutui e debiti che azzerano le vacanze,
le letture che ci si augura di fare,
le letture che non si faranno,
le letture che ci sorprenderanno,
le mezze parole dette,
le parole dette che non andavano dette,
le parole non dette che non saranno mai dette,
quelli che si sono messi insieme,
quelli che si sono lasciati,
quelli che son rimasti sposati,
quelli un po' fidanzati un po' sfidanzati,
i libri rimasti nell'armadio,
i fogli delle giustificazioni nei cassetti,
le fotocopie di un mese fa sulla cattedra,
i libretti personali macilenti,
i quiz per la patente dei neomaggiorenni,
i test di ammissione all'Università,
il tema della maturità,
l'ultima idea per la tesina,
l'ultimissima idea per la tesina,
l'ora che ti è piaciuta,
l'ora che non avresti voluto,
il giorno che ti ha sorpreso,
il giorno che hai annoiato,
l'orario degli scrutini in sala insegnanti,
i panini dell'Ariston in pausa pranzo,
i libri dentro il cassetto,
l'ultima firma su una circolare,
il caffè della macchinetta,
il the della macchinetta del caffè,
la piastrella opaca che hai tormentato attendendo d'entrare in classe,
l'elenco degli autori che hai spiegato,
i chiarimenti sull'ultimo compito,
le foto della gita di classe,
il fascicolo col progetto interdisciplinare,
l'elenco dei libri di testo,
la penna cicciotta con cui scrivi,
l'angolo dove metti sempre la cartella,
i consigli di lettura per le vacanze,
i compiti di latino per le vacanze,
i debiti,
le segnalazioni di lacune,
i voti in condotta,
i cinque che diventano sei,
il giudizio d'ammissione,
i crediti formativi,
le pizzette del brindisi di saluto in biblioteca,
il Preside che va in pensione,
il Preside che anche ieri ti ha insegnato qualcosa,
il Preside che ti ha insegnato qualcosa su te, sugli altri,
i colleghi che sono anche amici,
i colleghi che spesso ti dimentichi che sono amici,
quelli che ti hanno ascoltato quando nessuno,
quelli che hai ascoltato quando nessuno,
quelli con cui hai diviso pizze, birre, albe, tramonti,
le poesie che avresti voluto recitare in collegio docenti,
i calcoli per la pensione,
la previdenza integrativa,
la cessione del quinto,
gli angoli dove hai avuto freddo,
l'odore acre di toner della stamperia,
le tende blu dell'aula informatica,
la cura degli accostamenti cromatici della Segretaria,
la borsa organizzata della bravissima collega riccioluta,
la collega cui gli allievi aprono la porta inchinandosi,
il collega sempre in impermeabile,
il collega sempre in anticipo,
la collega sempre in ritardo,
le lamentele per i parcheggi,
gli orari delle corriere

tutto

dentro quel sacco nero, ribollente di vita di risulta,
dopo il lavoro delle bidelle
nell'atrio, a fine mattinata


tutto

ti tornerà, come vertigine,
in qualche angolo di profonda estate:

ultimo giorno di un anno di scuola.

sabato 5 giugno 2010

biblioteche, parole e Pierluigi Cappello


Giornata di sole, forse la prima di vero vero caldo qui a Pordenone. Alle 16 al gazebo di piazza XX settembre ho attivato la mia scratch card per Wireless Naonis e alle 16.10 ho cominciato a navigare (1 Mega di Upload e 1 di Download), ed intanto un mucchio di gente entrava, visitava, abitava la Biblioteca civica. Una bella giornata civica, che sarebbe piaciuta a Teresina Degan, che è stata Preside dell'ITG Geometri quando negli Anni Settanta/Ottanta l'istituto era ospitato all'ex convento. Se n'è andata, l'epigrafe all'ingresso della Biblioteca ricordava che dietro le cose gioiose ci sono quelle che non lo sono, e che c'è anche il dovere vitale della memoria di chi ha scritto pezzi di storia.

Tra le sale della Biblioteca, le voci degli attori che recitano per grumi di pubblico allacciato a parole, immagini, evocazioni, suoni. Paole di letteratura che rimbalzano sui libri, libri che riverberano sulle parole, com'è giusto che sia. Nel bel movimento della giornata, nella marea di visitatori che, accogliente, avvolge nella sua confusione pulsante anche politici di vario colore e autorità, le parole di poesie e romanzi si stagliano, nel loro potere di afferrare e definire, nel tempo ma anche oltre il tempo.
E questo mi riporta a ieri sera, alla presentazione di Mandate a dire all'imperatore di Pierluigi Cappello ai Colonos di Villacaccia di Lestizza
. Le parole delle poesie di Pierluigi mi puliscono dentro, diceva Stas Gawronski che con Eraldo Affinati conduceva la serata, e allora alla festante massa pordenonese che si è appropriata della sua biblioteca ho augurato questa pulizia vivificante, e qui la associo a dei versi di Pierluigi, da Poiein:

"Rimetta a noi i nostri cieli la parola aggiustata,
un segnale nutrito dal lampo nel poco di nessun conto
nel conto dei giorni vissuti senza cura
e abbracci, ma senza abbagliare"
.

mercoledì 2 giugno 2010

divari tecnologici, copiature e compiti

Insomma, in uno dei Licei classici più classici d'Italia viene scoperto un traffico di traduzioni scaricate da Internet: corollario, sospensioni, con tanto di pronunciamenti sull'iniquità di questa o quella misura, e una gradazione abbastanza prevedibile di commenti (eccodovèarrivatalascuola, infondotutticopiano, et similia). Senza nemmeno voler entrare nel discorso sul furbezzaio spicciolo (altri luoghi comuni: ifurbihannosemprelameglio, matantocosìfantutti), qui vorrei guardare la cosa semplicemente come manifestazione del rapporto tra tecnologie dell'informazione e scuola e noto che:

1) se le cose stanno come i quotidiani le riportano, il sistema truffaiolo è basato su principi antieconomici e su qualche scantonatura.
Dunque: i ragazzi aspettavano il testo del compito, uscivano di classe (e qui c'è già un po' da riflettere), davano i riferimenti ai fornitori e con questi, dopo un po', avevano un nuovo abboccamento per ricevere le traduzioni (e quindi qualcuno ancora doveva uscire dalla classe).
Ora: chiunque -quindi, anche un gran numero di docenti- abbia un I-phone, uno Smartphone, o anche semplicemente un cellulare che navighi non lumachescamente, sa che digitando le parole iniziali di un testo da tradurre, greco o latino che sia, si arriva rapidamente alla traduzione stessa.
E' pure noto che l'occultamento di apparecchi telefonici è capitolo fantasioso dell'eterna caccia al tesoro tra docenti e studenti copioni (qualcuno ricorda, l'anno scorso, il sito con i trucchi per copiare rivolto agli studenti maturandi? guardate qui il promo per l'Esame che deve arrivare a giorni, con tanto d'uso d'una non felicissima uscita di Lucacordero in proposito).
Bene: stando così le cose, il traffico patavino sembra basato su una diffusione ancora scarsa o di conoscenza tecnologica o di apparecchi telefonici, perché la vera realtà è che, appunto, chiunque può arrivare da un testo greco e latino alla sua traduzione, con un telefonino adeguatamente occultato. Che questo non avvenga tanto frequentemente è, casomai, la vera notizia, buona peraltro: che testimonia della buona fede di tanti studenti in tante aule di tante scuole d'Italia.

2) Però: con questa cosa qui i conti bisogna farli. Se non tocca i compiti in classe, se buona parte degli studenti all'Esame di Stato se la cava con le proprie conoscenze, la pratica dello scarico della traduzione inficia tutte le assegnazioni di versioni per casa e brani da tradurre che articola le settimane di lavoro di docenti latino e greco nei Licei d'Italia.
Bisogna, semplicemente, si fa per dire, come già in tanti Licei d'Italia tanti fanno, cambiare didattica, cambiare esercizi e tipi d'esercizi tenendo conto di quello (molto) che con le nuove tecnologie si può fare per imparare. Basta guardare qui, per dire.

lunedì 31 maggio 2010

una sincronia pordenonese

Sabato 5 giugno Pordenone inaugurerà la sua nuova Biblioteca Multimediale, nell'ex convento, ex tribunale, ex istituto tecnico geometri, ex liceo scientifico, ex Inchiostro, e quante altre cose ex non so, in piazza XX Settembre. E' stata una ristrutturazione rallentata dal dileguarsi della prima ditta appaltatrice; ad ogni modo, la struttura è bella, moderna, aperta sulla città. Una bella occasione di sapere e di saperi condivisi e condivisibili.
Nello stesso giorno, e nello stesso posto, prende finalmente il via un altro progetto che è passato, come qui più volte si è raccontato, attraverso qualche traversia: Wireless Naonis, il wireless civico. Anche questa è un'opportunità di condivisione di sapere e di saperi, integrabile per contiguità fisiche con l'altra.

Ora, i tempi son quel che sono. Chi legga l'offerta didattica dell'Ateneo udinese, o anche quella dell'Università di Bologna (e quelle che usciranno in questi giorni saranno dello stesso tenore)si rende ben conto che per il sapere sono, in effetti, tempi duri (e lascio volutamente perdere, in questa sede, quello che ci sarebbe da dire sui tagli alle istituzioni culturali e al sistema formativo di base maturati in questi ultimi mesi): ma mi piace vedere, in questa imprevista sincronia pordenonese, il segno di una possibilità altra, da costruire.

Senza aspettare, però, che ciò avvenga dall'alto: mi piacerebbe, semplicemente, camminare e vedere persone di ogni età entrare, uscire, fermarsi in Biblioteca, collegarsi alla Rete, scambiarsi competenze, notizie, impressioni, allacciare fili di nuove amicizie tra un libro, un sito e un caffè, costruire frammenti di nuovi saperi in una cornice civica di partecipazione.
Magari, è pure possibile.

sabato 22 maggio 2010

prendersi per mano

L'altroieri l'attuale moroso di mia figlia (prima elementare) l'ha accolta, arrivata a scuola, prendendola per mano. Io -fedele al mio ruolo di padre di matrice venetopugliese, cioè occhiuto, bacchettone, critico e pettegolo- ho eccepito (tra me e me), che il tipo avrebbe invece dovuto offrirsi di portarlo lui, lo zainone enorme rispetto alla minuta figura del tesoro degli occhi miei.
Ma pazienza; lei mi ha dato un bacetto sulla guancia e si è allontanata manin manina con l'essere che tengo sotto controllo.

Poi, sono andato verso un'altra scuola, quella dove insegno. Nel percorso tra parcheggio e istituto, fautore il primo sole decente di maggio, nugoletti di coppiette di neoconio e antica data scolastica, eccoli lì: mano nella mano. Mano nella mano, notavo, secondo una gestualità che esibisce bene lo sbilanciamento dell'uno o dell'altra (ho incrociato solo coppie etero, l'altra mattina), il computo variabile delle reciproche insicurezze e dei bisogni di affermazioni -insomma, mani brandite come buoni fruttiferi dal lui e dalla lei insicuro o insicura, mani (per contro) placidamente intrecciate di chi si è già un po' messo alla prova.

Arrivato nel cortile di fronte alla scuola, mi son messo a pensare a quante volte noto questo gesto tra i miei coetanei.
Poche, ecco la risposta. Qualcuno m'è venuto in mente: ma sono le neocoppie di quarantoltrenni reduci da divorzi o separazioni o reincontrati dopo evi, antropologicamente un'altra cosa, destinati costitutivamente ad essere parentesi alla regola. Tra coppie consolidate, se mi si passa, per beneficio cronologico, quest'evidente ossimoro (direi forse meglio: tra coppie che scommettono un giorno in più ancora su se stesse), poco da fare: il prendersi per mano è uno sdilinquimento, un cedimento, siamo tutti in carriera e lanciati verso vette di successi, suvvia, siamo nel pieno dell'efficienza, il che vuol dire che l'efficienza la stiamo perdendo (chi è davvero nel pieno, nemmeno pensa di doverlo pensare, un simile pensiero), e detta efficienza deficitante e già deficiente finalizziamo ad efficaci brancicamenti, nascosti ed interessati (a coprire serate libere, pause pranzo o caffè) corteggiamenti, accoppiamenti atletici e sintomatici.

Il prendersi per mano, pensavo entrando ormai a scuola, lo riconquisteremo -se ci sarà dato- quando avremo fatto i conti con tutto il suddetto sudare. I saggi, prima; gli altri, da vecchi.

sabato 15 maggio 2010

gli occhi parlano

L. è un commercialista che si è fatto una certa posizione. Compiuti i 45, ha abbandonato i completi grigi ed il capello corto,ha cominciato ad accostare camicie aperte a jeans, maglioncini e giacche colorate. Salta la pausa pranzo e va in piscina.
Ieri l'ho incrociato sotto casa sua, gli son passato accanto in auto, ne ho intercettato lo scorcio di un profilo, ed in quel profilo stava la stanchezza di qualcosa in più dei suoi anni, che sono anche i miei. Stava la fatica di averne di meno.

S. ha pure la mia età; accompagna le sue bambine a scuola, la mattina, saluta tutti nel percorso tra parcheggio e istituto, si ferma a parlare con conoscenti e amici e amiche, continua a farlo poi al bar, poi torna al parcheggio, trova ancora qualcuno con cui parlare o risponde al telefono. Ma al momento di aprire la portiera dell'auto -ieri l'ho vista, mentre salivo sulla mia- gli occhi le si spalancano in un vuoto che nessuno conversazione, nessun caffè, nessun messaggio o telefonata potrà colmare.

R. è diventato direttore della filiale della sua banca, tutto il giorno sta concentrato in ufficio, la cravatta blu perfettamente simmetrica rispetto alle punte del collo della camicia. Qualche mattina fa, una di quelle in cui la primavera sembrava qualcosa, gli sono passato accanto nel momento in cui scendeva dal suo scooter, e, mentre si toglieva il casco, gli occhi gli brillavano della gioia del percorso fatto in motorino, come quando eravamo al Liceo. Gli appuntamenti in banca, in quell'istante, potevano aspettare.

V. l'ho salutato mentre attraversava il semaforo. Ha accompagnato anche lui i figli a scuola, veloce ed efficiente, poi si è voltato ed ha preso l'andatura sghemba e lenta di chi deve ancora rimettere in sesti i frantumi di una separazione. Nei suoi occhi, mentre ci salutavamo, stavano tanti pensieri incompiuti.

Poi, in auto, mi son guardato anch'io allo specchio, per vedere se i miei occhi mi dicevano qualcosa. Ma non c'è che fare, mi son detto: loro parlano quando non ci stai pensando; forse qualcuno, in un momento d'interesse effimero o di lungo corso, li coglierà. Tu no.

lunedì 19 aprile 2010

sentore di tempi di mia gioventù

Non c'entra assolutamente nulla con gli argomenti del mio blog, ma mi piace riportare l'articolo del "Messaggero Veneto" /edizione di Pordenone sulla promozione in A1 del Pordenone 2004 di hockey a rotelle. Ho passato tonnellate di ore su quella pista, gironzolando in lungo e in largo tra i cerchi degli esercizi obbligatori, e seduto sul lato lungo a prendere freddo o caldo, nella mia antica carriera di Giudice di pattinaggio artistico; non soddisfatto, ho passato tanti sabati a seguire le partite dei sodalizi pordenonesi di hockey a rotelle. Mi fa piacere una notizia che fa sbucare tempi della mia gioventù.


PORDENONE. Continuano i festeggiamenti in casa del Pordenone 2004, che sabato sera è riuscito a centrare la promozione in serie A1. Un traguardo da considerarsi, a suo modo, storico, dato che sono passati oltre 20 anni dalla stagione 1988-89, l’ultima che ha visto una formazione hockeistica della città di Pordenone militare nella massima serie.
La promozione dei ragazzi di Lucio Marrone è arrivata al termine di un campionato sofferto, che i bluarancio sono però riusciti a concludere in quarta posizione. Nei play-off, a causa del ritiro del Follonica, la squadra è passata direttamente alla fase finale, in cui ha incontrato il temibile Montebello, la formazione che si è piazzata al 1° posto alla fine della regular season. I pordenonesi hanno sconfitto i veneti sia in casa (9-6), sia sulla difficile pista di Montebello, al termine di un match emozionante, conclusosi 7-6 ai rigori, dopo il 4-4 dei 50 minuti regolamentari.
La presidentessa del Pordenone 2004, Manola Carbi, ha così commentato la promozione dei suoi: «Voglio ringraziare tutti i miei ragazzi, uno a uno, e soprattutto Lucio Marrone, che li ha allenati ed è stato uno degli artefici principali della nostra promozione. Sei anni fa, quando la società è nata, abbiamo promesso che avremmo riportato a Pordenone il grande hockey. Il 17 aprile 2010 abbiamo realizzato questo grande sogno».
Il risultato della formazione bluarancio è ancora più clamoroso, se si pensa che è arrivato dopo un solo anno di militanza in A2. I vertici del Pordenone 2004, infatti, hanno sempre dichiarato che l’obiettivo di questa stagione era la salvezza, mentre la conquista della A1 era un traguardo che la società si proponeva di raggiungere in 5 anni.
Entusiasti i giocatori: «Abbiamo creduto fin dall’inizio in questa squadra, ma non ci aspettavamo di ottenere questi risultati. È stato un anno davvero fantastico» ha commentato Enrico Sperotto, tra i protagonisti di questa stagione. «Sono in squadra da due anni – ha dichiarato il giovane Davide Zucchiatti – e ho già avuto la fortuna di vivere due promozioni!». Sabato 1 maggio si giocherà l’ultimo atto di questa lunga stagione hockeistica di serie A2: il Pordenone 2004 affronterà il Prato, l’altra squadra che salirà in A1, nella sfida che servirà a decretare la vincitrice assoluta del campionato 2009-10. Miroslava Pasquali

mercoledì 14 aprile 2010

Pordenone che legge, Pordenone che pensa (spiegando Caproni in classe)

Pordenone che legge in libreria
(da Mauro Danelli soprattutto, via)
Pordenone che pensa al suo passato
(la corsa del sediol, il sindaco gokartato)
Pordenone che legge i quotidiani
(furti, litigi, peccati paesani)
Pordenone che pensa al suo futuro
(dopo Bolzonello, un sindaco celoduro?)
Pordenone che che legge niente male
(l'opera infaticabile di quel di Visinale)
Pordenone che pensa all'istruzione
(Polo Tecnologico, Università, Formazione)
Pordenone che legge e che fa acquisti
(flessione di vendite dei grandi stilisti)
Pordenone che pensa l'area vasta
(con l'ospedale in Comina la Pontebbana non basta)
Pordenone che legge e fa la spesa
(gestire la cultura è anche impresa)
Pordenone che pensa diligente
(il sogno, una classe dirigente)
Pordenone che legge lungo i viali
(zigzagando tra i centri commerciali)
Pordenone che pensa al tempo bello
(intasando la rotonda di Cimpello)
Pordenone che legge e si consola
(il Ramarro arranca in D, non vola)
Pordenone che pensa a un'opinione
(confronti tra politici, la sera, in televisione)
Pordenone che legge ogni mese
(la rivista di Luciano Padovese)
Pordenone che pensa anche ai suoi guai
(si spera nell'arrivo del Wi Fi)
Pordenone che legge con prudenza
(ogni tanto, un esame di coscienza)
Pordenone che pensa all'autostrada
(troppo tardi, vada come vada)
Pordenone che legge i suoi bilanci
(patto di stabilità ferreo, attenti slanci)
Pordenone che pensa anche all'estate
(ferie ridotte, vacanze rimandate)
Pordenone che legge Santarossa
(evviva Villanova alla riscossa)
Pordenone che pensa al multiverso
(l'ultimo di Avoledo non va perso)
Pordenone che legge i suoi confini
(glocalità, mercati, identità e affini)
Pordenone che pensa e non s'incanta
(Alberto Garlini tra anni Settanta e 0ttanta)
Pordenone che legge tutt'un fiato
(al recupero del tempo passato)
Pordenone che pensa alle generazioni
(giovani, vecchi, nuovi, antichi, commistioni)
Pordenone che legge, scrive e pensa:
tra le cose migliori dell'esistensa.

lunedì 12 aprile 2010

Federico Tavan torna ad Andreis

Questo articolo, dal Gazzettino (edizione di Pordenone) di ieri, domenica 11 aprile 2010, racconta il ritorno, finalmente, ad Andreis di Federico Tavan. Sia lode alla legge Bacchelli.

Tavan, il ritorno a casa
Il Poeta è tornato a casa. Ad Andreis. Ci sono voluti quattro anni, ma alla fine Federico Tavan ce l’ha fatta, può ricominciare a guardare «la vita c’a cjamina» dal suo "dalz", la casa con il ballatoio in legno che ora divide con Mariana, la badante romena che lo aiuta ad affrontare le necessità quotidiane. È stato un percorso lungo e difficile. I centri di salute mentale di Sacile, Maniago e Montereale le sue tappe, con al fianco la sua "psichiatressa" Laura Litorali. E poi i laboratori di attività espressive che con Eliana Picca hanno dato vita alla straordinaria esperienza di "Trapolant". Il riavvicinamento con gli andreani, quelli che l’hanno amato e quelli che l’hanno rifiutato, è cominciato a piccoli passi. Arrivava due volte a settimana, andava in cimitero a trovare i suoi morti e poi alla locanda "Vecje for" a fumarsi la sigaretta. Prove di "reinserimento" durate tre mesi, conquistate grazie dal vitalizio ottenuto con Legge Bacchelli, quella che sostiene le persone che si sono distinte nel mondo della cultura, ma che si trovano in condizioni di indigenza. Quindici giorni fa, rieccolo a casa, definitivamente, fuori dalla dimensione protetta in cui ha vissuto gli ultimi anni, con «quelli - come dice lui - così così».
L’effetto sugli andreani? «Chi non lo capiva prima, non lo può capire adesso» dice Franco Fasan, il titolare della locanda dove il poeta è di casa e a tutte le ore si rifugia nel calore di una famiglia. C’è la sua tazza personale, quella del Milan. C’è la fetta di torta al mattino. C’è la sigaretta bruciata con pochi tiri sul ballatoio, guardando la sua vecchia casa. La sua quotidianità è fatta di passeggiate fino al cimitero, un sorso d’acqua alla fontana. «Bundì Chico...». Lui ricambia con un bacio sulla guancia a chi non vede da tempo. Sono le undici del mattino e nella piazzetta di Andreis c’è via vai di gente. «Bundì Chico, bentornato in famiglia», lo saluta calorosamente l’ex sindaco Donatella Bucco. Gli parla con orgoglio della proiezione di "Segni particolari nessuno", il documentario che rappresenta una sorta di diario personale del poeta di Andreis. Lui sorride compiaciuto, poi abbraccia l’amico Andrea Comina, che gli è stato vicino nei momenti più bui, dividendo con lui anche la casa. Guarda divertito il suo amministatore di sostegno, l’avvocato Paolo Luisa Vissat, che gli porge il giornale: «Ti ho portato "il manifesto", così leggi». Lui cerca subito le vignette di Vauro. «Vauro mi piace».
Non ha voglia di "parole" Federico Tavan. «No, non scrivo - dice - Disegno». Disegna e legge Pasolini. Ma se gli infili in mano uno dei suoi libri di poesie, un lampo illumina i suoi occhi e con voce chiara comincia il suo canto. Paolo Luisa Vissat lo stimola con parole rubate a uno dei suoi versi, lui s’improvvisa al tavolo del "Vecje for", perchè «alcune - precisa - non tutte, le so a memoria».
Sa di non essere solo. Cita gli amici che in questi anni lo hanno sostenuto e hanno continuato a fargli visita: Aldo Colonnello, Rosanna Paroni Bertoja, Paolo Medeossi, Federico Rossi. Guai a parlargli di Corona. «Non ci parlo. Scrivilo». Il disagio patito per un dispetto subito durante uno spettacolo ai Colonos ha lasciato il segno.
Ma ora è di nuovo ad Andreis. Guarda il monte Raut e pensa che vorrebbe essere a Bologna, a mangiare la mortadella. O magari a Parigi. Sì, perchè se Federico Tavan ha un desiderio, quel desiderio è un piccolo viaggio. Ed è a Parigi che gli piacerebbe tornare.

venerdì 9 aprile 2010

viale della libertà, Pordenone

L. percorre la mattina il viale prendendolo da metà, dall'incrocio con via Mameli, e fermandosi spesso nel bar che sta in fondo al viale, a bere un caffè. Poi si muove, la incroci a varie ore ed in vari punti più o meno attorno al viale, con il suo sguardo sghembo e l'andatura storta di ex bella ragazza rovinata da troppi viaggi di coca e di eroina tra fine anni Ottanta ed inizio decennio di poi.

S. lo vedi sul viale di solito al pomeriggio, lo percorre frenetico e ritmato, col suo passo sincopato e febbrile, in linea retta, senza guardarsi o a destra o a sinistra, ma neanche dritto. La sua testa se n'è andata da qualche parte, oltre il viale, in fondo al viale, chissà, da qualche anno.

F. percorre il viale in bicicletta, con un rapporto incredibilmente corto che lo costringe a mulinare frenetico le gambe per produrne un movimento di risulta. Si veste con tute di felpa o calzoncini corti senza rispetto per le stagioni; sempre, in ogni caso, indossa calzini di spugna infilati in zoccoli o, se è caldo, infradito. Diversi di qui ne apprezzavano la semplice sobrietà, anni fa. Ora è sempre solo.

Viale della libertà, Pordenone.

ben vestiti, curati, modi gentili

L'articolo che vi riporto, dal Gazzettino, edizione di Pordenone, di ieri, 8 aprile, mi ha messo addosso un bel po' di tristezza.

Ben vestiti, curati, modi gentili. Insomma, ragazzi di buona famiglia che curiosavano tra i jeans e le t-shirt alla moda senza destare sospetti. Invece, no. Il giro in centro a Pordenone era finalizzato al furto di pantaloni e magliette di marca. Sono riusciti a rubare in quattro negozi, finchè Barbara Balsamini, che lavora a "Les Amis" di via Bertossi 10, non li ha bloccati. Uno 17 anni, C.L. di Sacile, l’altro sedici, S.D. di Gaiarine, figli di imprenditori, ieri sono stati arrestati per concorso in rapina impropria e furto aggravato continuato. Mani ammanettate dietro la schiena, verso mezzogiorno sono sfilati da via Bertossi fino in piazza Cavour, dove la pattuglia della Volante aveva ostruito il passaggio con l’auto per bloccare un eventuale tentativo di fuga.
I due studenti erano arrivati a Pordenone in treno. Per entrambi ieri era l’ultimo giorno di vacanza. Il raid è cominciato in viale Martelli, da "Boranga", dove hanno rubato due paia di jeans. Confusi tra le bancarelle del mercato, si sono poi fermati da Coin, in corso Vittorio Emanuele. Poi la corsa fino in via Cavallotti, dove all’esterno della pasticceria Reale avevano trovato un posto sicuro dove nascondere la refurtiva.
Alle 11.30 la sosta in piazza Cavour. Sono entrati nel negozio "Les Amis jeans". Hanno chiesto dove si trovava il reparto maschile. «Al primo piano», ha indicato la commessa Cristina Forabosco. Nel frattempo ha chiesto telefonicamente aiuto a una collega di via Bertossi per non lasciare incustodito il piano terra. «Avrò perso 30 secondi - racconta - quando sono salita, loro stavano già scendendo e molto gentilmente mi hanno ringraziato e salutato».
Nella borsa a tracolla erano riusciti a infilare cinque magliette con stampe colorate, del costo di circa 45 euro, a cui avevano strappato la placca antitaccheggio. Pochi istanti dopo sono entrati in via Bertossi, nell’altro negozio "Les Amis" di Martina Piccinin. Le commesse stavano servendo due clienti - mamma e figlia ventenne - e i due ragazzi hanno cominciato a guardarsi attorno. «Che belle cose avete - hanno detto salutando le commesse - torneremo con le nostre fidanzate...». Ma uscendo il dispositivo antitaccheggio, della cui presenza non si erano accorti, ha cominciato a suonare.
«Fermi», ha intimato Barbara Balsamini. Ma i due sono fuggiti. Uno si è diretto a destra, una corsa di pochi metri e ha trovato la strada sbarrata da un cantiere stradale. Costretto a fare dietrofront, sulla porta del negozio ha trovato la commessa ad affrontarlo. Barbara Balsamini lo ha placcato e lui, per liberarsi, l’ha spintonata scaraventandola a terra.
È fuggito verso via Cavour, con una delle clienti de "Les Amis" - la ragazza ventenne - che lo rincorreva gridando «al ladro, al ladro». A bloccare il ragazzo e a riportarlo nel negozio di via Bertossi è stato un ausiliario del traffico della Gsm. «Chiama il tuo complice o rischi di finire nei guai da solo e di pagare anche per lui», gli è stato consigliato. Messo alle strette, lo studente ha telefonato all’amico, che lo ha subito raggiunto. Nella borsa a tracolla avevano nascosto due paia di pantaloni di Roy Roger’s da 139 euro.
«Non ditelo a mio padre», ha detto in lacrime il ragazzo che è stato bloccato dall’ausiliario del traffico prima di essere portato via in manette sotto gli occhi dei passanti.
Cristina Antonutti

martedì 23 marzo 2010

Duccio e il Cristianesimo

Gesù che invita a fidarsi, Pietro che si sorprende di poter camminare sull'acqua, alcuni discepoli che osservano ed altri impegnati a reggere le reti piene di pesci blu come l'acqua, materia che esce dalla materia. Dal confronto duro, serrato, con la realtà delle cose, allo stupore, alla sorpresa di potercela fare ad accettare un messaggio stupefacente ed accogliente: il senso del Cristianesimo per Duccio di Buoninsegna, qui.

venerdì 19 marzo 2010

chenonlichiedanoame

Parcheggio Marcolin, ore 8 del mattino. Due signore davanti ad un'auto dialogano. Una delle due è decisamente agitata, alza il tono della voce, insomma si fa sentire in giro:
"Insomma, mi han detto che è aumentato l'affitto e che hanno bisogno di più soldi.
Che non li chiedano a me."

Viale Cossetti, ore 8, 30 del mattino.
Un giovin signore al telefonino:
"Insomma, quei disegni non li hanno ancora consegnati?
Che non li chiedano a me."

Negozio di telefonia del centro, ore 9,10 del mattino.
La commessa parla al telefono, io sono davanti che aspetto e sento ovviamente tutto:
"I fogli informativi con le condizioni dei nuovi tipi di contratto?
Che non li chiedano a me."

giovedì 18 marzo 2010

giusto in tempo

Sotto i portici di viale Marconi, poco oltre la vecchia sede della Questura, stavano una volta, non molto tempo fa, una dietro l'altra, tante agenzie di lavoro interinale.
Qualcuna ha chiuso, in questi ultimi tempi. All'inizio dei portici, giorno dopo giorno, sbiadisce una vetrofania che tempo addietro era rosso brillante, e così squillava: "Missione lavoro".
Ma coraggio. Sul "Sole-24 ore" di oggi, in prima pagina, ho letto un articolo sui grandi successi, in Francia, della nuova evoluzione del lavoro interinale: le agenzie di lavoro "last minute", che danno just in time, e giusto per il tempo che serve, l'esatto lavoro che serve. Naturalmente, iuxtum filosofia last minute, at last price.

martedì 16 marzo 2010

torna wireless Naonis

Come si legge oggi nei quotidiani pordenonesi, Wireless Naonis, il progetto del Comune di Pordenone per la connessione gratuita ad Internet, ritorna, in una versione più contenuta rispetto all'idea originaria di oltre due anni or sono, frenata da mancanza di finanziamento da parte della Regione (dopo le elezioni del 2008), dalle complicate modalità di identificazione degli utenti (effetto della legge Pisanu).
Torna, Wireless Naonis, non come lo aveva immaginato lo studio commissionato l'anno passato dal Comune -non, insomma, con la modalità WiMax, anch'essa troppo costosa-, ma secondo una formula del tutto simile a quella che era stata da più parti ipotizzata nel convegno sull'argomento tenuto alla Casa dello Studente di Pordenone nel novembre 2008: accesso in wireless gratuito in alcune aree "sensibili" della città, a quanto sembra partendo da giugno da piazza XX settembre.
Per il vostro umile scrivano è una buona soluzione, economica e sensata. Adesso, però, torna d'attualità il "cosa fare": sarebbe quindi molto bello che ripartisse quell'attività di confronto e proposta in merito che aveva animato il pensatoio del "tavolo di lavoro" sul wireless e che aveva prodotto il bel seminario del dicembre 2007 -un effetto collaterale del quale era stato, per me, la conoscenza de visu del guru gangherologo e del giornalista digitale. Un seminario dal titolo tutto da riprendere: "Navigare. E poi?".

venerdì 12 marzo 2010

il micromomento dell'anima

Incontro S. ogni tanto, nel tragitto tra scuola e Casa dello Studente.
L'ho conosciuto anni fa in una scuola, dove svolgeva uno stage d'inserimento lavorativo per categorie protette.
S. ha i muscoli del corpo che corrono troppo veloci rispetto alla percezione del tempo dei più.
Per rispondere al mio saluto, mi fa un favore che gli costa fatica: deve metterli d'accordo, quei muscoli, perché rallentino tanto da consentirmi di percepire una nostra sintonia.

E' un'operazione che gli costa fatica, di cui gli sono grato.
E c'è sempre un momento, un micromomento magari, ma c'è, in cui il tempo si ferma ed ecco, siamo in sintonia.
Di quel micromomento penso: l'anima, se c'è, è qualcosa del genere.

Ed è S., con la sua fatica, che mi permette di dare un'occhiata alla mia.

lunedì 1 marzo 2010

i bravi insegnanti

Grande spazio sui giornali (ad esempio qui)e nelle rassegne stampa televisive sull'aumento del numero dei "cinque" in condotta.
Sottotraccia, il tema del "ritorno alla severità".
E l'equazione sottesa: severità uguale bravi insegnanti.

Nel frattempo, e molto meglio, leggo qui una bella storia di formazione di bravi insegnanti, con queste conclusioni di Tullio De Mauro, che riporto:

"Interessa anche a noi individuare le caratteristiche che fanno un bravo insegnante: fissare obiettivi d’apprendimento alti; mettersi in discussione e rivedere di continuo le strategie per raggiungerli; cercare e coinvolgere le famiglie; concentrarsi per esser sicuri che un compito è pertinente all’apprendimento; far lavorare in piccoli gruppi gli allievi, che tra loro si spiegano e spiegano meglio le cose; immaginare come si farà domani la lezione; soffrire come uno scacco personale l’insuccesso di un alunno, e però non scoraggiarsi mai, neanche nelle nostre deprimenti gravi condizioni."

sabato 27 febbraio 2010

Gigi Di Meo rompe gli indugi

Dalla pagina Facebook di Gigi Di Meo, sabato 27 febbraio 2010, ore 19,00:

"SE CI SARA' IL TERZO MANDATO E' PIU' CHE OVVIO CHE SERGIO BOLZONELLO ATTUALE SINDACO DI PORDENONE CONTINUI IL SUO OTTIMO LAVORO, SE INVECE NON CI SARA' DOVRO' PER FORZE DI COSE ASSUMERMI LA RESPONSABILITA' DI DECIDERE IL DA FARSI NON VOLENDO LASCIARE A QUANTI OGGI SBAVANO PER POTER SEDERSI SULLA POLTRONA DI PRIMO CITTADINO".

Non per dire, ma l'avevo previsto qui. Ed è rivelatore che sia proprio Facebook il luogo della dichiarazione.

venerdì 26 febbraio 2010

hic Vancouver, hic salta

Il pattinaggio artistico non è il calcio, con una difesa arcigna, un po' di fortuna e di bravi contropiedisti si vincono ogni tanto le partite a pallone, non le gare su lama o rotelle.
I bei salti, nel pattinaggio artistico, bisogna che siano alti e veloci, altrimenti non ce la si fa con il numero dei giri.
Insomma: che Carolina Kostner pattini bene, che faccia belle trottole, che sia carina e telegenica e stilnovistica, è noto; che i suoi salti abbiano sempre difettato soprattutto di velocità, ma anche di altezza, pure; che ce ne siano in giro sei-sette, di più forti di lei (capaci di pattinare bene e fare salti più alti e più veloci), per il mondo, è un dato acquisito. Da anni, dalle classifiche di mondiali e olimpiadi.E' stato così anche a Vancouver; la cosa è stata chiara nel programma breve (perché nessuna di quelle sei-sette ha fatto peggio del solito). Che poi Carolina sia scesa in classifica provando il tutto per tutto, ci sta, è lo sport.

Verrebbe dunque da concludere: la sorpresa di cui oggi si dice sui quotidiani e nei titoli dei notiziari sportivi televisivi, tecnicamente e sportivamente parlando, dov'è? Risposta: da nessuna parte...se non nella declinazione ennesima dell'eterna storia di un Paese esangue culturalmente,ridotto ad interpretare quasi tutto (dalla politica all'economia) alla luce della griglia assiomatica di una partita di pallone -di quelle, perdipiù, in cui ogni tanto(e neanche sempre) chi non merita vince egualmente.

mercoledì 24 febbraio 2010

prove tecniche di primavera

Sul terrazzino al secondo piano dello stabile davanti alla mia scuola -il terrazzino da cui si domina il parcheggio dell'ex Ariete (i naoniani intendono), collocato (esso terrazzino) sopra l'insegna di un istituto assicurativo dalla sigla diminutiva femminile, dal secondo nome vintage che promette una copertura su tutto il Belpaese-, lo stendibiancheria che per tutto l'inverno ha pazientemente esposto agli effluvi forse asciugatori, certo inquinevoli, dimolte maglie, assai mutande, spaiate calze, qualche camicia e pantaloni in tessuto de Genoa - su quel terrazzino, ecco: spuntano in primo piano, sì come scabre sillabe, vasi di primule.

giovedì 18 febbraio 2010

due euro di prosciutto

Domenica pomeriggio.
Uno dei supermercati del centro della mia città.
Banco dei salumi.
Davanti a me un uomo, più o meno della mia età.
Barba di tre-quattro giorni, vestiti stazzonati.
Potrebbe essere nero, in questo contesto narrativo. E' bianco.
Potrebbe essere albanese/rumeno/moldavo, in questo contesto narrativo. E' italiano.
Dice alla commessa:
-Due euro di prosciutto.
Il prosciutto è quello in offerta.
La commessa replica:
-Due etti?
-No, due euro.

Alla cassa, poco dopo, il signore è un po' più avanti a me.
Paga due euro e quarantacinque centesimi, per il prosciutto e un panino, di quelli incellofanati (è domenica).
Tira fuori le monete.
Il denaro è diventato cibo.

martedì 16 febbraio 2010

locandine

La mia città.
Oggi.
Uno dei due corsi principali.
Il muro esterno di un negozio di profumi e detersivi.
E' pieno di manifesti e locandine.
Esce una commessa.
Appende una locandina.
C'è scritto:
"Vietato appendere locandine".

lunedì 8 febbraio 2010

parcheggia meglio

Qualche giorno fa.
Al parcheggio.
Un parcheggio a metà via tra scuole e assessorati.
Un parcheggio per docenti, studenti, operatori e assistenti sociali.
Un signore più o meno mio coetaneo, davanti a me.
Si avvicina a una macchina.
La guarda.
La guarda di sbieco.
La guarda con odio.
Forse la vuole prendere a calci.
Forse lo farebbe, ma si accorge di me.
Tira fuori dalla sua tracolla un bloc-notes.
Formato A4.
Scrive su un foglio, con un pennarello rosso.
Mette il foglio sul parabrezza.
Riesco a leggere.
C'è scritto:
"Parcheggia meglio".
Poi, sale su quella macchina.

domenica 7 febbraio 2010

come i terroni

Passeggiata.
Bar del semicentro della mia città.
Domenica mattina.
Le 10 e qualche minuto.
Tre avventori ai tavolini esterni di un bar, nella prima mattina di sole decente dell'anno.
Un calice di bianco a testa.
Le loro tre auto davanti.
Uno dei tre: "Chiudo l'attività. A lavorare ho solo negri, e i negri non hanno voglia di lavorare."
Penso: adesso uno di loro dirà...

"...come i terroni."
Ecco.

martedì 2 febbraio 2010

quosdam Platonicorum libros in televisione

La classe, diceva Beniamino Placido a proposito di Michel Platini, è fare sembrare semplici le cose difficili.
In televisione, ci si accontenta di meno; fare semplici le cose semplici, le difficili, si sa, probabilmente non sono per la televisione.
E dunque, guardando ieri sera l'Agostino di Raiuno, certo non ci s'aspettava il dettaglio fine sulla contesa donatista, o sul ruolo dei Platonicorum libri (Confessiones, 9. 13: Et primo uolens ostendere mihi, quam resistas superbis, humilibus autem des gratiam et quanta misericordia tua demonstrata sit hominibus via humilitatis, quod Verbum tuum caro factum est et habitavit inter homines, procurasti mihi per quemdam hominem immanissimo typho turgidum quosdam Platonicorum libros ex Graeca lingua in Latinam versos, et ibi legi non quidem his verbis, sed hoc idem omnino multis et multiplicibus suaderi rationibus, quod in principio erat Verbum et Verbum erat apud Deum et Deus erat Verbum) nella conversione dell'Ipponense (sui quali memorabili furono le lezione del grande patavino Pier Franco Beatrice): epperò, se mostriamo un Agostino 25 anni prima del 430 (ergo, nel 405), parlare del sacco di Roma di Alarico, avvenuto nel 410 -beh, questa non era difficile.

giovedì 28 gennaio 2010

remembering Salinger

« Gin a body meet a body
Coming thro' the rye,
Gin a body kiss a body
Need a body cry? »

Si riconosce un uomo stolto dal fatto che è pronto a morire per una causa. Si riconosce un uomo saggio dal fatto che è pronto a vivere umilmente per una causa.


What else?

domenica 24 gennaio 2010

nota bene politico

"Il postmoderno assimila stili altrui, oscilla sempre tra la riproduzione di stilemi classici e moderni, cita dal passato, gioca, decostruendo e ricomponendo, sulle occorrenze formali, che preleva da un'ampia tradizione, con modelli eclettici pronti per il futuro." (Ezio Raimondi-Gabiella Fenocchio, Il Novecento. Dal neorealismo alla globalizzazione)

frutta trattata

Da un fruttivendolo -una boutique della frutta, ad essere precisi- di una cittadina della provincia nordestina.
Ieri.
Una signora sui settanta, ben curata e con un buon italiano, si rivolge alla commessa: -Ma queste clementine, sono pulite?
-Non sono trattate, signora.
-No, volevo dire: chi le raccoglie? Perché ho visto in televisione le immagini dei negri, giù in Calabria, come tirano su la frutta.
-.....................................
-Beh, le lavo a casa.

venerdì 22 gennaio 2010

Mandi Tito Maniacco

Ho conosciuto Tito Maniacco una dozzina d'anni fa a Meduno, durante una stagione pedemontana fitta di straordinari incontri, come straordinario fu quel sabato. Presentava Gentiluomo nello studio: un poemetto ispirato ad un dipinto e poi abitato da un fitto intreccio di memorie, suggestioni, intrecci culturali.
A tavola, dopo quella presentazione, vidi quella passione culturale dispiegata sulla carta farsi persona: dentro quegli occhi straordinariamente miti, l'intensa persuasione che la cultura fosse una forma per dimensionare la propria esistenza, per innervarla.

Quando ho avuto la ventura di presentare, in Comune di Pordenone, la proposta per la concessione a Federico Tavan dei benefici della Bacchelli (cosa che, da sola, conferisce un senso alla mia avventura politica), uno dei nuclei di significato pulsanti per dare forza a quell'idea erano le lucide righe che, alla fine degli Anni Novanta, Maniacco aveva scritto proponendo di "salvare il soldato Tavan": righe dettate dalla profonda conoscenza della cultura friulana e da una idea moderna e non localistica di cultura e, non da ultimo, da tanta, tanta umanità. Un intervento, quello, giustamente ristampato nel volume Federico Tavan. Nostra preziosa eresia ; un intervento al quale ora rivado nell'apprendere la notizia della morte di Tito Maniacco.
Gli sia lieve la terra.

venerdì 8 gennaio 2010

ortocomunità ed orti sociali

Segnalo dall'odierna pagina pordenonese del Messaggero Veneto questo articolo di Chiara Benotti su un'iniziativa di cooperazione per la produzione e la distribuzione, a(come si dice oggi) "chilometri zero", di frutta e ortaggi.
La cosa va insieme con il successo che ha registrato,a Pordenone, il progetto degli "orti sociali".

"La prima ortocomunità di Pordenone mette radici, su ben 8 mila metri quadrati, per il “self service” della frutta e della verdura da portare, poi, in tavola. artita in sordina l’estate scorsa a Vallenoncello, l’iniziativa promette ai soci un 2010 a costi abbattuti per il cibo bio su larga scala. «Con un investimento di 31 mila 600 euro – ha avvisato i soci dell’associazione “Modo” il fondatore Silvano Lapietra – abbiamo acquistato un terreno in via Martiri della libertà, dietro le serre della coop Noncello di Cordenons. Il lotto è suddiviso in 5 mila metri quadrati di terreno agricolo, e 3 mila circa di zona P, dove si possono costruire infrastrutture di pubblica utilità».
L’azienda agricola di comunità è un progetto sperimentale che abbatte i costi per le famiglie. «La proposta 2010 è di associarsi per la produzione ortiva – ha spiegato Lapietra –. Un’adesione di 5 mesi da aprile ad agosto, periodo in cui c’è una produzione maggiore e più variegata. La quota di contribuzione sarà di 50 euro al mese per una famiglia di tre componenti, il che significa che per quest’anno il consumo di frutta e verdura verrà a costare 250 euro».
Convenienza a chilometri zero, dunque. L’azienda agricola dell’associazione “Modo” è una comunità di autoconsumo. Su misura per tutti quelli che cercano di risparmiare e riempire la dispensa con prodotti biologici. La stessa è aperta ai contatti sul web all’indirizzo associazionemodo@libero.it e no profit: per associarsi si può telefonare al 338-9332353.
«Offriamo un’alternativa all’attuale economia di mercato e un modello di sviluppo sostenibile per le famiglie in piena crisi salariale – ha presentato il campo Silvano Lapietra –. L’estate scorsa abbiamo coltivato un orto di mille metri, frutto di un investimento comune, e diviso i prodotti: zucchine, lattuga, meloni e pomodori per le prime 50 famiglie di soci».
A regime, la comunità agricola risponderà al fabbisogno settimanale di tutte le famiglie associate, con costi abbattuti. «La verdura non ha prezzo – è stata la filosofia di “Modo” –. Si aderisce all’associazione con una quota e si dividono i prodotti della terra. Non si vendono zucchine e pomodori: si distribuiscono tra i soci, perché il nostro esperimento è libero da vincoli di bilancio».Altro che tagliola del caro spesa. «Ognuno di noi contribuisce mensilmente alle spese della comunità – ha riassunto Lapietra il palinsesto etico del gruppo “Modo” – e fa rifornimento per la dispensa. Ragioniamo in termini di condivisione e diritto a soddisfare i bisogni». le prime 50 famiglie che hanno fondato l’orto comunità, con un contributo medio di 50 euro, si allargano."