Questo articolo, dal Gazzettino (edizione di Pordenone) di ieri, domenica 11 aprile 2010, racconta il ritorno, finalmente, ad Andreis di Federico Tavan. Sia lode alla legge Bacchelli.
Tavan, il ritorno a casa
Il Poeta è tornato a casa. Ad Andreis. Ci sono voluti quattro anni, ma alla fine Federico Tavan ce l’ha fatta, può ricominciare a guardare «la vita c’a cjamina» dal suo "dalz", la casa con il ballatoio in legno che ora divide con Mariana, la badante romena che lo aiuta ad affrontare le necessità quotidiane. È stato un percorso lungo e difficile. I centri di salute mentale di Sacile, Maniago e Montereale le sue tappe, con al fianco la sua "psichiatressa" Laura Litorali. E poi i laboratori di attività espressive che con Eliana Picca hanno dato vita alla straordinaria esperienza di "Trapolant". Il riavvicinamento con gli andreani, quelli che l’hanno amato e quelli che l’hanno rifiutato, è cominciato a piccoli passi. Arrivava due volte a settimana, andava in cimitero a trovare i suoi morti e poi alla locanda "Vecje for" a fumarsi la sigaretta. Prove di "reinserimento" durate tre mesi, conquistate grazie dal vitalizio ottenuto con Legge Bacchelli, quella che sostiene le persone che si sono distinte nel mondo della cultura, ma che si trovano in condizioni di indigenza. Quindici giorni fa, rieccolo a casa, definitivamente, fuori dalla dimensione protetta in cui ha vissuto gli ultimi anni, con «quelli - come dice lui - così così».
L’effetto sugli andreani? «Chi non lo capiva prima, non lo può capire adesso» dice Franco Fasan, il titolare della locanda dove il poeta è di casa e a tutte le ore si rifugia nel calore di una famiglia. C’è la sua tazza personale, quella del Milan. C’è la fetta di torta al mattino. C’è la sigaretta bruciata con pochi tiri sul ballatoio, guardando la sua vecchia casa. La sua quotidianità è fatta di passeggiate fino al cimitero, un sorso d’acqua alla fontana. «Bundì Chico...». Lui ricambia con un bacio sulla guancia a chi non vede da tempo. Sono le undici del mattino e nella piazzetta di Andreis c’è via vai di gente. «Bundì Chico, bentornato in famiglia», lo saluta calorosamente l’ex sindaco Donatella Bucco. Gli parla con orgoglio della proiezione di "Segni particolari nessuno", il documentario che rappresenta una sorta di diario personale del poeta di Andreis. Lui sorride compiaciuto, poi abbraccia l’amico Andrea Comina, che gli è stato vicino nei momenti più bui, dividendo con lui anche la casa. Guarda divertito il suo amministatore di sostegno, l’avvocato Paolo Luisa Vissat, che gli porge il giornale: «Ti ho portato "il manifesto", così leggi». Lui cerca subito le vignette di Vauro. «Vauro mi piace».
Non ha voglia di "parole" Federico Tavan. «No, non scrivo - dice - Disegno». Disegna e legge Pasolini. Ma se gli infili in mano uno dei suoi libri di poesie, un lampo illumina i suoi occhi e con voce chiara comincia il suo canto. Paolo Luisa Vissat lo stimola con parole rubate a uno dei suoi versi, lui s’improvvisa al tavolo del "Vecje for", perchè «alcune - precisa - non tutte, le so a memoria».
Sa di non essere solo. Cita gli amici che in questi anni lo hanno sostenuto e hanno continuato a fargli visita: Aldo Colonnello, Rosanna Paroni Bertoja, Paolo Medeossi, Federico Rossi. Guai a parlargli di Corona. «Non ci parlo. Scrivilo». Il disagio patito per un dispetto subito durante uno spettacolo ai Colonos ha lasciato il segno.
Ma ora è di nuovo ad Andreis. Guarda il monte Raut e pensa che vorrebbe essere a Bologna, a mangiare la mortadella. O magari a Parigi. Sì, perchè se Federico Tavan ha un desiderio, quel desiderio è un piccolo viaggio. Ed è a Parigi che gli piacerebbe tornare.
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