Nell'estate 1989, la domenica delle votazioni per le elezioni europee, insieme ad un mio amico che intraprendeva allora la sua gloriosa carriera bancaria (io invece stavo facendo il mio servizio di leva nella Polizia di Stato) me ne andai a Bibione, dove ci attendeva un piccolo numero di amici suoi. Di amici e amiche, naturalmente, simpatici ragazzi di buona borghesia (come lui), qualcuno studente, qualcuno già impegnato nell'attività di famiglia, qualcuno tutte e due le cose. Sotto l'ombrellone, che naturalmente (data la mia capacità di scottarmi con i refoli di sole invernale) io presidiavo, iniziarono le classiche chiacchiere svagate delle domeniche estive: svagate ma non svaccate, perchè pur sempre eravamo gioventù di buone maniere (non è un ossimoro, e ce n'è ancora tantissima, molta di più di quella che si vuol vedere).
Insomma, gira e gira cominciammo a parlare delle Europee, delle quali discorreva il fluviale fondo scalfariano di Repubblica: si era prima della caduta dei muri (ma dopo Tienanmen) e sottomano avevamo i partiti "tradizionali". Fu così che, nella partita cauta che stavo cercando di giocare per interessare una simpatica fanciulla veneziana, mi ritrovai a poter ricorrere all'arma sicura di tutti i miei fallimenti precedenti e futuri, cioè la dimostrazione di competenza (ci ho messo un sacco, e ancora non lo so bene, che un competente rompiballe è sempre peggio di un simpatico incompetente).
Insomma, io sapevo cos'era il governo ombra del PCI. Sapevo pure qualche nome (il Ministro degli Esteri? Giorgio Napolitano). E cominciai a spiegarlo alla simpatica fanciulla veneziana.
Com'è andata? Lei era interessata, ma io ero proprio, come adesso, un pasticcione.
E adesso, Uolter ci ripropone il governo ombra? D'accordo: ma ridammi i miei ventiquattr'anni. E, naturalmente, la domenica a Bibione e la simpatica fanciulla.
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