Da un luogo diverso, eppure uguale, eppure diverso, rispetto a quello che produce gli accidenti fenomenici ai quali ci sforziamo di attribuire un senso che neppure evocano, ecco che viene l'intervista di Emanuele Severino ad Armando Torno, sul Corriere di ieri, giovedì 19 giugno, con questa stupefacente conclusione:
"è possibile esprimere con l' affermazione di Eraclito: «Sono attesi gli uomini, quando sian morti, da cose che essi non sperano né suppongono». A questo punto aggiunge: «Da cose che sono infinitamente "di più" di ciò che essi desiderano, suppongono, sperano di ottenere». Una pausa, un sorriso, e mentre sistema i due volumi di Platone precisa: «Infinitamente "di più" di ciò verso cui vuole condurre la stessa speranza cristiana, e dunque "di più" di ogni "immortalità" e di ogni "resurrezione della carne" che a speranze di questo genere sono connesse». Ancora un brevissimo silenzio. Poi conclude: «Siamo destinati a qualcosa che è infinitamente "di più" di tutto quanto il più insaziabile dei desideri può volere»."
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