Collegio docenti in una giornata di pioggia, in un auditorium tiepido e con le luci appena smorzate. Al termine, breve chiacchierata con una mia collega (filosofa) sulla strana condizione di noi quarantenni-di-oggi, non più bamboccioni e non ancora che altro, costretti a inventarci sul lavoro, nelle relazioni familiari, nelle relazioni genitoriali forme e soluzioni che prima, onestamente, non c'erano.
E così, parlando, un abbozzo d'intuizione che stravolge certe mie più cupe riflessioni di tempi passati: in fondo a noi, quarantenni-di-oggi, è stato regalato del tempo nel quale coltivare ancora delle possibilità di reinvenzione di parti delle nostre vite. Starà a noi decidere se usarlo per mandare a monte relazioni, matrimoni, patrimoni familiari, immagini di sé, od usarlo -quanto e come esso sia- per cercare di essere migliori attingendo alla riserva dei nostri desideri, delle nostre inclinazioni. Ma ce l'abbiamo la coscienza di questa responsabilità, noi cresciuti nei fatui anni Ottanta?
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