giovedì 5 novembre 2009

il lavoro che manca

Ne ha dato ampiamente notizia il TGR del Friuli Venezia Giulia delle 7,30 di oggi: questa mattina, a Pordenone, si è svolta una manifestazione pubblica per raccontare le "storie della crisi" (ha scritto molto bene Sara Rocutto qui).

Le storie della crisi oggi sono tante, le sentiamo attorno a noi e le viviamo e le misuriamo nella nostra esperienza: una, che mi ha dato di che riflettere, l'ho sentita qualche giorno fa, me l'ha raccontata a scuola una ragazza che chiamerò Antonia.

Il papà di Antonia lavora nella zona del mobile. Fino all'anno scorso, lavoro voleva dire: l'orario contrattuale, un'ora di straordinario al giorno, quasi tutti i sabato mattina, parecchie domeniche.
Il compenso mensile, di conseguenza, voleva dire: la busta paga e un "fuori busta" corrispondente a un po' più di metà della paga.
Il compenso mensile così fatto voleva dire il mutuo pagato, le spese pagate, la scuola dei figli, le vacanze, i vestiti. Il tenore di vita, borghese nella sostanza, che ha segnato l'evoluzione del Nordest negli ultimi decenni. Un tenore di vita per il quale quel compenso era la regola, ancorché fatto di una cospicua parte accessoria.

Oggi il papà di Antonia non ha perso il lavoro: ha perso l'ora in più di ogni giorno, i sabati fissi e le domeniche frequenti.
Il suo compenso mensile è la busta paga. E basta.
Ovviamente, questo vuol dire.

Tante cose, e diverse, vuol dire, a me è venuta prima tra le altre in mente questa, semplice: che storie come quella di Antonia, di una normale anormalità, ce ne sono tante; che restano sottotraccia, per ora, ma che ci sono, e che i numeri sul lavoro che c'è o non c'è non dicono tutto.
Purtoppo.

1 commento:

sara ha detto...

Succede proprio così: e quando poi c'è la cassa integrazione accade che questa ovviamente non viene calcolata tenendo conto delle ore di lavoro in nero...è anche per questo che l'effetto della crisi si fa ancora più gravoso per molte famiglie abituate a sostenersi con un certo reddito...