martedì 8 gennaio 2008

la città 2.0 di Luca De Biase

Luca De Biase è uno dei più noti ed apprezzati giornalisti esperti di web 2.0 (al suo L'economia della felicità vorrei dedicare un post prossimo). Bene, vi incollo qui, dal suo blog, il post del 4 gennaio, che disegna le caratteristiche della città cui pensare per il futuro. In tempi nei quali sembriamo attanagliati da un presente che non fa altro che presentare i conti della noncuranza del passato, l'invito a pensare strategicamente è davvero aria buona da respirare.
E del resto, Bonhoeffer diceva che il metro di misura delle nostre azioni è la loro ricaduta sui nostri figli.
Ecco il post di De Biase:

Venerdì, 4 gennaio 2008
Le città del futuro. Argomento appassionante, le città. Perché sono il principale contesto esistenziale della maggior parte della popolazione mondiale (secondo l'Ocse). Perché sono generatori di senso e di fatica di vivere. Perché ci parlano del progetto, implicito o esplicito, sul quale la comunità a noi più vicina sembra avere per costruire il futuro.Le città sono reti di relazioni e connessioni. Spesso si pensano come insiemi di case e strade appoggiate su un territorio, ma sono essenzialmente le persone che le abitano. Si attraversano in orizzontale ma nascondono gerarchie talvolta inestricabili. Sono piene di segni e di storia. Sono piene di sofferenze e di indifferenza. Le città sono la rivincita della geografia sulle tecnologie che si pensava le abolissero. Sono il luogo dal quale parte la disperazione. Ma anche il centro dove nasce la costruzione del futuro. Il paesaggio industriale lascia quotidianamente il posto al paesaggio della conoscenza. Ma è una trasformazione che possiamo pensare. Dedichiamo tanto tempo a pensare internet, ma vale la pena di dedicare altrettanto tempo a pensare la città. In fondo, le nozioni di internet e di città hanno molto in comune...Ecco alcune riflessioni sulla città che immagino si prepari a costruire il futuro:
1. La città migliore pensa al lungo termine.
Il che si vede dalla sua capacità di raccontare la sua missione, identità, visione. Di definire il suo progetto. Di costruire il consenso. Di lasciare scorrere il dibattito e l'informazione libera. Per questo ci vuole, anche, una classe dirigente che sia davvero animata da uno spirito di servizio per la comunità. E una buona rete di relazioni tra università, autorità, innovatori.
2. Emergono indicatori che danno il senso dei risultati ottenuti nella direzione progettuale di lungo termine: infrastrutture e investimenti in ricerca, dotazione tecnologica e stato dell'educazione, attrazione di talenti e accessibilità, connessioni interne e collaborazione tra i cittadini, valorizzazione e produzione di cultura, ambiente e sanità...
3. Si dà un sistema di valutazioni della qualità dei sistemi incentivanti per lasciar fiorire una quantità sufficiente di iniziative tale da trasformarla in un laboratorio continuo nel quale si sperimentano le idee nuove.
Lo so... Si dicono queste cose e poi ci si guarda intorno... Ma l'utopia è una disciplina da coltivare. Imho.

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