martedì 4 dicembre 2007

a proposito di Veneto...

...e delle ragioni per le quali tanti comuni a me cari dall'infanzia (sono infatti figlio di un pugliese sposato ad una veneta, e la mia famiglia materna se ne sta tra Vicenza e Padova, le mie città nutrici) sono oggi al centro dell'attenzione mediatica: ecco alcune righe del sommo conterraneo Luigi Meneghello (gli sia lieve la terra), dallo straordinario Libera nos a Malo (annus mirabilis 1963, un libro, a non solo mio modesto avviso, da leggere e meditare per ragioni di stile della scrittura e del pensiero):


"Tutte le forme di vita muoiono, è naturale (ma incredibile) che sia così anche al nostro paese. Del resto vediamo benissimo che nasce qualcosa di nuovo, in principio sembrano assurdità e ghiribizzi, poi ci si accorge che occupano le strade, le osterie, le case, diventano il fondo del paese, e i ghiribizzi siamo noi."

Capìo?
E, peraltro, avviso ai naviganti progressisti: proviamo a smetterla di fare gli indignati illuministi, la paura è un fatto politico, e non basta dire che non bisogna averne, perchè non ci sia. Secondo il Protagora platonico (e ancor prima, secondo l'Eschilo delle Eumenidi) la società si fonda su dike (la giustizia) e su aidòs, che è il misto tra rispetto e paura che abbiamo quando entriamo in relazione con gli altri.
Perché è così: quando mi relaziono ad un altro, scopro qualcuno che contemporaneamente muove il mio rispetto (perchè è un uomo come me) e la mia preoccupazione (perché è un altro uomo come me).
In effetti, come scrive Giulio Mozzi in Fiction: "Homo homini homo"; l'uomo, in quanto uomo, di fronte ad un altro uomo non può che comportarsi da uomo, e questo è il guaio.
Più ottimisticamente, io direi che andrebbe rimeditato l'antico, cristiano concetto di prossimo (colui che mi si fa vicino nel cammino della vita).

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